L’amore di Dio in Bonhoeffer (Etica)
Il testo seguente è tratto da Etica di Dietrich Bonhoeffer *
Tutto ciò che siamo chiamati abituati a chiamare amore, quanto vive negli abissi dell’anima e nell’azione visibile, anzi pure quello che scaturisce dal cuore pio sotto forma di servizio fraterno verso il prossimo – può essere senza «amore», e ciò non perché in ogni comportamento umano sia ancor sempre presente un «residuo» di egocentrismo che oscura completamente l’amore, ma perché l’amore è qualcosa di totalmente diverso da quanto con questo nome si intende qui. Né l’amore è la relazione personale immediata, la considerazione di ciò che è personale, individuale, a differenza della legge delle cose, dell’ordinamento impersonale. A prescindere dal fatto che qui «sfera personale» e «sfera delle cose» vengono fra loro separate in maniera del tutto abiblica e astratta, l’amore diventa un comportamento – per di più solo parziale! – dell’uomo. […]
Se dunque non esiste alcun immaginabile comportamento umano, che in quanto tale possa essere detto senza ambiguità «amore», se l’amore si colloca al di là di ogni divisione in cui l’uomo vive, se d’altra parte tutto ciò che gli uomini intendono per amore e sono in grado di praticare e concepibile solo e sempre come comportamento umano insieme alla divisione data, rimane qui, una questione aperta che cosa possa mai essere per la Bibbia l’«amore».
La Bibbia non ci fa mancare la sua risposta. Essa è anche abbastanza nota, solo che la fraintendiamo sempre di nuovo. Essa suona: Dio è amore (1Gv 4,16). Tale proposizione, per amore di chiarezza, va anzitutto letta facendo cadere l’accento sulla parola Dio, mentre noi siamo abituati a farlo cadere sulla parola amore. Dio è amore, cioè non un comportamento umano, un atteggiamento, un’azione, bensì Dio stesso e amore. Che cosa sia l’amore lo conosce solo chi conosce Dio, e non viceversa conosciamo prima – e cioè per natura – che cosa è l’amore e quindi poi anche che cosa è Dio. Dio però nessuno lo conosce, a meno che egli non gli si riveli. Di conseguenza nessuno conosce che cos’è l’amore se non nell’autorivelazione di Dio. L’amore è pertanto una rivelazione di Dio. Ma la rivelazione di Dio è Gesù Cristo. «In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi, che Dio ha mandato il suo figlio unigenito nel mondo, perché noi avessimo la vita per mezzo di lui» (1Gv 4,9). La rivelazione di Dio in Gesù Cristo, la rivelazione che Dio fa del suo amore precede tutto il nostro amore per lui. Non in noi, ma in Dio l’amore ha la sua origine; non un comportamento dell’uomo, ma un comportamento di Dio è l’amore. «In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo figlio per perdonare i nostri peccati» (1Gv 4,10). Che cosa sia l’amore lo riconosciamo solo in Gesù Cristo e precisamente nella sua morte per noi. «Da questo abbiamo conosciuto l’amore, che egli ha dato la sua vita per noi» (1Gv 3,16). Neppure qui viene data una definizione generale dell’amore, per esempio nel senso che l’amore consisterebbe nel dare la vita per gli altri. Non questo dato generale, bensì il dato unico e ripetibile del dono della vita di Gesù Cristo per noi viene qui detto amore. L’amore è indissolubilmente legato al nome di Gesù Cristo quale rivelazione di Dio. Alla domanda che cosa sia l’amore il Nuovo Testamento risponde molto chiaramente rinviando esclusivamente a Gesù Cristo. Lui è l’unica definizione dell’amore. Ancora una volta però fraintenderemo tutto se dalla visione di Gesù Cristo, del suo fare e del suo soffrire volessimo ricavare una definizione generale dell’amore. Non ciò che egli fa e soffre, bensì ciò che egli fa e soffre è amore. L’amore è sempre e proprio lui. L’amore è sempre Dio stesso. L’amore è sempre rivelazione di Dio in Gesù Cristo. […]
Solo il fare e il patire concreto di quest’uomo Gesù Cristo permettono di capire che cosa sia l’amore. il nome di Gesù Cristo, in cui Dio si rivela, interpreta se stesso nella vita e nella morte di Gesù Cristo. In fondo neppure il Nuovo Testamento consiste infatti in una interminabile ripetizione del nome di Gesù Cristo, bensì quanto questo nome racchiude viene interpretato in eventi, concetti e proposizioni che sono comprensibili. Così anche la scelta del concetto «amore» – agape non è semplicemente arbitraria; al contrario, per quanto tale termine acquisisca attraverso il messaggio neotestamentario una accezione del tutto nuova, esso non è tuttavia privo di relazioni con quanto noi intendiamo dire quando parliamo di «amore»; naturalmente il concetto biblico di amore non è ora una forma determinata di ciò che noi intendevamo dire in generale già prima, quando usavamo questo termine; al contrario, davanti al concetto biblico di amore risulta piuttosto l’opposto, e cioè che questo e questo soltanto è il fondamento, la verità e la realtà dell’amore, e precisamente in maniera tale che quanto pensiamo sul piano naturale a proposito dell’amore è vero e reale unicamente nella misura in cui esso partecipa a questa sua origine, vale a dire all’amore che Dio stesso è in Gesù Cristo.
Alla domanda in che cosa consista l’amore rispondiamo quindi ulteriormente con la Scrittura: nella riconciliazione dell’uomo con Dio in Gesù Cristo. La divisione dell’uomo da Dio, dall’altro uomo, dal mondo e da se stesso è finita. Gli è di nuovo fatto dono dell’origine.
L’amore indica quindi quella azione di Dio verso l’uomo, mediante cui viene superata la divisione in cui l’uomo viveva. Tale azione si chiama Cristo, si chiama riconciliazione. L’amore e quindi qualcosa che succede all’uomo, qualcosa di passivo, qualcosa di cui egli non dispone a partire da sé, perché esso si trova semplicemente aldilà della sua esistenza in seno alla divisione; l’amore consiste nel subire la trasformazione di tutta l’esistenza ad opera di Dio, nell’essere introdotti nel mondo così come esso può vivere soltanto davanti a Dio e in Dio. L’amore non è quindi una scelta dell’uomo, ma elezione dell’uomo da parte di Dio.
In che senso possiamo però allora ancora a parlare di amore come di un fare dell’uomo, dell’amore dell’uomo per Dio e per il prossimo, come il Nuovo Testamento pur fa in maniera abbastanza chiara? Di fronte al dato di fatto che Dio è l’amore che significa dire che anche l’uomo può e deve ora amare? «Noi lo amiamo perché egli ci ha amati per primo» (1Gv 4,19), ciò significa che il nostro amore per Dio poggia unicamente sull’esser amati da lui, significa in altre parole che il nostro amore non può consistere in altro se non nel gradire l’amore di Dio in Gesù Cristo. «Chi ama Dio, è da lui conosciuto» (1Cor 8,3). Conosciuto significa nel linguaggio biblico eletto, generare. Amare Dio significa accettare la sua elezione, la sua generazione in Cristo. Il rapporto fra amore di Dio e amore umano non va quindi inteso nel senso che l’amore divino precederebbe sì l’amore umano, tuttavia solo allo scopo di mettere in moto l’amore umano quale un fare proprio, libero e indipendente dell’uomo di fronte all’amore divino. Anche a proposito di tutto quello che si deve dire sull’amore umano vale piuttosto il fatto che Dio è l’amore. è l’amore di Dio e nessun altro – perché non esiste alcun altro amore nostro, libero e indipendente nei suoi confronti – quello mediante cui l’uomo ama Dio e il prossimo. In questo senso l’amore dell’uomo rimane perciò puramente passivo. Amare Dio è solo l’altra faccia dell’essere amati da lui. L’essere amati da Dio include l’amare Dio; l’amare Dio non coesiste accanto all’essere amati da lui.
Per rendere comprensibile questo fatto dobbiamo ancora spiegare brevemente il concetto di passività in questo contesto. Qui non si tratta – come sempre avviene, quando in teologia si parla della passività dell’uomo! – di un concetto psicologico, ma di un concetto che riguarda l’esistenza dell’uomo davanti a Dio, vale a dire di un concetto teologico. La passività di fronte all’amore di Dio non è un rilassamento, con l’esclusione di pensieri, parole e azioni, in un amore di Dio che mi appartiene solo in un simile «momento di silenzio». L’amore di Dio non è solo quel porto di rifugio, in cui mi metto al riparo in caso di pericolo di naufragio. Il fatto di essere amato da Dio non vieta affatto all’uomo le idee rigorose e le azioni compiute in letizia. Come uomini nella loro totalità, che pensano ed operano, noi siamo amati da Dio in Cristo e riconciliati con lui. Come uomini nella loro totalità, che pensano ed operano, noi amiamo Dio e i fratelli.
*Dietrich Bonhoeffer, Etica, Brescia 2010, pp. 294-298