Autore: Marco Manco

Parola

Le sventure si fanno Vangelo

La cronaca di sofferenza, dolore e morte trova ampio spazio in questo tempo. Prima la pandemia e ora la guerra, morte su morte, dolore su dolore, male su male. Le sventure, di ieri e di oggi, le tragiche morti e il dolore ci stanno sempre davanti agli occhi e chiedono di diventare Vangelo, di non essere sprecate, di farsi segno e annuncio perché il tempo, per ciascuno di noi, non scorra invano.

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Parola

Entrare nella nube

La seconda tappa del cammino quaresimale fa sosta, dopo il deserto, sul monte. È l’approdo di uno sforzo, una salita che chiede di lasciarsi dietro le cose che sanno di terra. Anzi, salendo in alto bisogna portare solo la propria terra, quella di cui è impastata la vita. È sul monte che si ha una prospettiva più ampia, che supera steccati e confini. Il monte avvicina a Dio e permette di toccare ed entrare in cielo tenendo i piedi affondati sul nudo terreno. 

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Parole

Abramo, il dittico del buio

Il testo ci dice che Dio condusse fuori Abram. E allora possiamo dedurre che Abram fosse nella tenda, in quella dimora instabile e precaria dove l’invito di Dio lo ha collocato. Abram è pellegrino e per il pellegrino la tenda è ristoro e salvezza, rifugio e casa, sicurezza e pace. Eppure Dio fa uscire Abram fuori, anzi lo conduce fuori lui stesso, e scopriamo che era notte. Ci sono state e ci saranno ancora tante uscite, tanti esodi e Abram esce dal confine certo della tenda, dal perimetro delle sue sicurezze e dei suoi calcoli umani per esporsi al buio della notte che è poi anche il buio del suo cuore e della sua speranza. Abram vive qui la notte del tormento, la notte prima di tante altre notti, la notte prima delle nostre notti. Ci sono state tante notti e tante ce ne saranno, tutte diverse tra loro e tutte accomunate dal segno che le contraddistingue: il buio. Abram deve uscire allo scoperto, sfidare i pericoli della notte e dello spazio aperto, deve vivere il buio e guardarlo in faccia. 

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Parole

Tra prova e tentazione

Che Dio è quello che mette alla prova? Perché lo fa? […] Quella che emerge non è forse l’immagine di un Dio dispotico, di un Dio capriccioso, come quello che per vantarsi davanti a Satana lascia che Giobbe sia colpito e messo alla prova (Gb 1,6-12)? Le questioni che si aprono sono molteplici e difficili e mettono in gioco aspetti centrali della fede e della teologia, ancor più che viviamo in un tempo in cui la dimensione della prova e della tentazione rischiano di confondersi o, peggio, rischia di perdersi la consapevolezza della loro ricchezza e necessità per un autentico cammino di fede e di vita.

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Parola

Vivere è affrontare una prova

La prima tappa della Quaresima ci propone, come ogni anno, la scena delle tentazioni. È una prima sosta che mette le cose in chiaro. Vivere è affrontare una prova, perché la fede ci inchioda alla storia, ci provoca nelle scelte, ci rimanda a ciò che viviamo. La fede si dice con tutta la vita della quale bisogna imparare ad affrontarne le prove e le tentazioni. 

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Parole

La Quaresima tempo inopportuno

I quaranta giorni della Quaresima arrivano puntuali, nel calendario, quando il freddo e buio inverno è indeciso se cedere il passo ad una luce più calda e accogliente. È una situazione di compromesso. La Quaresima ripropone, su un altro piano, questa stessa ambivalenza. È tempo incerto, sospeso e in equilibrio tra la consapevolezza di ciò che non va, di ciò che è peccato, di ciò che ci fa arenare nei nostri deserti e la certezza che la vita ha già vinto, che la morte è sconfitta, che il peccato è lasciato alle spalle.

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Parola

Solo uno è l’albero buono

Venti di guerra scuotono la terra e le travi che abbiamo negli occhi, quelle che finora abbiamo fatto finta di non vedere, non possiamo più nascondercele. Siamo tutti chiamati in causa, tutti complici nella gestione delle cose del mondo, delle ricchezze e del benessere, delle relazioni e delle concessioni al male che abbiamo fatto per interesse, con la speranza, inutile e vana, che il male non venisse mai fuori. E ora non possiamo meravigliarci se quest’albero produce ancora frutti cattivi, se solo il fosso è la meta di ciechi che hanno fatto da guida ad altri ciechi. E proprio ora, in questo contesto di tenebra, c’è ancora una Parola che ci inchioda a ciò che è attuale. 

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Parola

L’amore è la vera ingiustizia

Mentre risuonano, come sempre, venti di guerra e si diffondono ovunque parole che dividono e contrappongono, la vita è scossa e liberata da un comando che già conosciamo. Davanti al male e ai nemici, davanti alla lotta e alla guerra, davanti alla violenza e al sopruso, davanti all’odio che incontriamo ovunque, non ci è stata promessa la certezza di uscirne illesi, di superare l’ostacolo, di vincere su chi ci vuol male. Ci è stata data solo una parola, la più alta e la più sconosciuta, quella a cui si ribella la vita, quella che suscita sdegno e grida ingiustizia. Amate!

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Parola

Benedizione e maledizione

È difficile districarsi tra le cose della terra e quelle del regno, tra i fondamenti che sorreggono il mondo e quelli su cui si fonda la vita del regno. E in mezzo resta la sfida lanciata ad ogni discepolo, ad ogni uomo che non voglia ridurre la fede a cornice e ornamento della propria vita. È sfida alta e difficile perché è la vita, prima o poi, a chiederci conto del sostegno che abbiamo scelto. Non possiamo sottrarci alla scelta, dobbiamo deciderci su chi confidare e a chi affidarci. Ed è inutile stare a fare troppo i sottili, a distinguere e a lambiccare. Perché non c’è modo di restare in piedi se non accettando di affidare la propria vita a qualcuno che sia in grado di reggerla e sostenerla, a qualcuno che sia fedele e non tradisca, a qualcuno dal quale niente e nessuno possa mai allontanarci. Bisogna imparare, però, ad essere radicali perché la scelta si imprima, giorno dopo giorno, in tutte le scelte. 

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Parola

Perché le reti non restino vuote

Aumenta ogni giorno l’elenco dei “fallimenti” dei credenti e delle chiese. E aumentano le diagnosi e le terapie, i tentativi di riscossa e di ripresa. Si ragiona e fatica tanto, si prospettano soluzioni e strategie, riorganizzazioni e cambiamenti. E, invece, la notte si fa sempre più lunga, le fatiche restano vane e le reti vuote. E dimentichiamo che non siamo noi a faticare, che non sono le nostre strategie umane a pescare viva la vita. A noi è chiesto di avere fede, di affidarci alla Parola per non sprecare tempo ed energie a lavare e a riassettate reti che restano vuote.

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