Autore: Marco Manco

Parola

Per iniziare ci vuole la fine

Il tempo della Chiesa ha inizio con l’avvento e perché l’inizio sia vero ci vuole la fine dalla quale partire. È la fine, infatti, a rendere nuovo un tempo, sottraendolo al suo monotono scorrere che divora la vita. Solo la fine, che è la meta e lo scopo, permette l’inizio di un tempo nuovo, di un tempo che sia di grazia. Non si può iniziare, allora, se non dalla fine. È per questo che la Chiesa apre un nuovo anno con il cuore rivolto al centro e alla fine del tempo, al Natale e alla Venuta finale del Cristo, all’ingresso di Dio nel tempo e nella carne e all’ingresso della carne e del tempo in Dio. E perché sia avvento occorre sentire che questo tempo, che scorre senza senso e senza scopo, ci sta stretto, ci stringe, ci fa mancare l’aria.

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Parola

Vivere il tempo del “frattempo”

Quando si conclude un tempo si fanno bilanci, si guarda indietro e si guarda avanti. A conclusione dell’anno liturgico, invece, la Parola ci invita a guardare al centro. La storia di Dio con gli uomini, questa storia che sa di salvezza non è clessidra che consuma la polvere, non è lento e monotono ritornare all’inizio. Questo tempo è spazio divino in cui assaporare l’eterno. È in questo tempo che si rivela il volto eterno dell’unico Re che ogni uomo può riconoscere senza sentirsi umiliato. È in questo tempo che possiamo svelare e mostrare, rendere vivo e familiare il volto di un uomo, il Figlio dell’uomo, che è venuto nel mondo per ribaltarne ogni criterio, per scardinarne ogni principio, per soverchiarne ogni scranno e potere.

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Parola

Che venga giù tutto

L’annuncio sembra quello di grandi catastrofi. Tutto sarà sconvolto, verranno meno il sole e la luna, le stelle e le potenze del cielo. Sarà quella la fine di ogni certezza e ogni cosa si mostrerà solo illusione. Deve prima cadere giù tutto, deve aver fine ogni riferimento, deve cessare ogni sguardo che tenti di possedere il segreto del vivere. Non è dalle stelle, né dal sole o dalla luna che possono giungere certezze. Non sono i nostri punti certi, i nostri riferimenti, le nostre coordinate a guidare il cammino della storia. Non sono le tante divinità di cui è disseminata la nostra terra ad indicare la rotta. È bene allora che giunga la catastrofe, che si compia il disastro, che siano disancorati, cioè, i nostri sogni e progetti da ciò che sembra perenne, da ciò che ci ha dato certezza, da ciò a cui abbiamo affidato il nostro vivere. Che venga giù tutto!

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Parola

“Signore, pietà per le nostre preghiere!”

A volte ci attrae un modo di credere che sappia metterci in pace, accarezzare i nostri bisogni, esaltarci e farci sentire un po’ migliori, a posto con le nostre aspirazioni. E ci illudiamo di credere riservando le briciole del nostro vivere a pratiche, preghiere, tradizioni e parole che servono solo ad ostentare chi siamo e a mostrare quanto valiamo. Bisogna guardarsi dal pensare che la fede e le preghiere siano semplici giochi con i quali intrattenerci, sperando di godere dell’applauso di un pubblico che riconosca il nostro valore. Credere non mette il cuore in pace, non mette in salvo la vita. Credere è provare il fondo dell’ultimo abisso, è non trattenere più oltre la vita, è lasciare che tutto sia rimesso per sempre e gettato nel fondo dell’unico grande tesoro. 

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Parola

Solo amando diventi te stesso

Non è facile vivere. Non è semplice essere e diventare se stessi. Sbrogliare la matassa dei propri vissuti e trovare il filo della propria esistenza. Siamo frantumati e sconnessi, divisi in noi stessi in rivoli che non sanno incontrarsi. Siamo nessuno perché siamo mille, siamo persi e incaci di chiamarci per nome, di riconoscere la nostra interezza.

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Parola

Gettare il mantello per iniziare a vedere

Mentre si snoda la vita, ci passano accanto tante occasioni. È facile restare ai margini, seduti sul bordo di ogni vicenda ad attendere qualcosa che sia nuovo davvero, qualcosa per cui valga la pena balzare e rimettersi in piedi. Essere vivi è sempre un po’ mendicare, attendere briciole che ci rendano ricchi. E se siamo attenti, mentre siamo fermi ai bordi della strada e della vita, giunge, spesso inaspettato, il momento in cui occorre decidersi a gridare, a rompere il silenzio, a non rassegnarsi ad una vita rinchiusa e ripiegata in se stessa. È quello il momento di scoprire ciò che non sappiamo vedere. È quello il momento di strapparsi di dosso una storia ormai logora per gettarla e renderla strada su cui avanza il senso, per renderla cammino su cui incontrare il divino.

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Parola

Uno alla destra e uno alla sinistra… ma della Croce

Quando le parole diventano scomode si cerca sempre un diversivo. Quando ci sentiamo coinvolti in qualcosa che non ci piace, con la mente divaghiamo altrove, in cerca di conferme e consolazioni che ci rendano certi del nostro pensiero. Ci sono discorsi che facciamo fatica a comprendere perché non sono adatti a ciò che vogliamo. Ed è da qui che occorre ripartire. È scrutando i desideri nascosti, i pensieri più raffinati, quelli che sembrano ingenui e quasi innocenti che incontriamo le nostre vere domande. Cosa vogliamo davvero? Cosa cerchiamo, restando cristiani? Cosa vogliamo da questo Dio? A cosa ci serve e perché lo seguiamo?

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Parola

Una cosa ci manca ancora

C’è sempre in noi una voglia di vita, un desiderio che spinge oltre, una promessa che resta inevasa. Non siamo fatti per sopravvivere, e allora cerchiamo ovunque appigli per vivere appieno, per rendere piena ed eterna la vita. Sentiamo che la vita non basta a se stessa, sappiamo che tutto ha un limite e un freno.

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Parola

Fossero tutti profeti!

È forte la tentazione di pensare di avere un’esclusiva, di avere il monopolio di ogni dono divino. Bisogna avere un cuore aperto per vedere e riconoscere che Dio ha ovunque seguaci, spesso silenti e nascosti, che si rivelano in segni semplici, in un sorso d’acqua donato in suo nome. A tutti questi occorre guardare non come a concorrenti e avversari, ma come a complici di un mistero più grande, che soverchia e scavalca barriere e confini umani. Dio è dono per tutti, è presenza che si installa nei cuori. Ed è soprattutto ai piccoli e ai deboli nel loro credere che occorre prestare attenzione. Il loro cammino è incerto e indeciso ed è facile per noi, con le nostre certezze e le nostre ricchezze, diventare ostacolo, pietra che intralcia il loro percorso. 

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Parola

E ancora continuiamo a discutere

Ci sono parole che devono essere ripetute perché siano fissate nel tempo. Non basta ascoltarle e poi lasciarle cadere. Gesù continua il suo cammino attraversando sentieri già conosciuti ma, nel farlo, preferisce che nessuno lo venga a sapere, perché è intento ad aprire una strada che resta, perfino oggi, ancora difficile da riconoscere, un percorso che molti rifiutano. Eppure è su quelle parole che egli ancora ritorna come un coltello che scava e allarga la piaga.

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