Parola

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Ma t’importa di noi?

Ci vorrebbe un po’ di sapienza per cogliere il senso di ciò che viviamo, per vedere in fondo le vicende in cui siamo coinvolti. È a tutti evidente che la fede sia in crisi, che il cristianesimo, dalle nostre parti, non sia più una forza. Il Vangelo ci appare dimesso, quasi nascosto tra tanti eventi, la Parola è taciuta o sussurrata tra altre parole. E anche noi, convinti credenti, facciamo fatica a fare la differenza. Proviamo fastidio a sapere che abbiamo perso visibilità, che veniamo ignorati e messi da parte. Vorremmo un po’ di visibilità e attenzione. E, allora, ci diamo umanamente da fare. Pensiamo a nuove strategie, correzioni, riforme e tentiamo di inseguire mode e successi perché mal sopportiamo che altre idee e parole siano più alte e più forti di quelle che noi proponiamo. E ci dimentichiamo, invece, cose che dovremmo sapere. 
La scelta è quella antica e sempre nostra: stare dentro o restare fuori non è indifferente. Confondere ciò che viene da Dio con ciò che viene dal male è il rischio a cui siamo esposti perché, al di là di tutto, resta sempre suadente la voglia di costruirci un Dio a nostra misura, che rispetti le regole che gli abbiamo imposto, che soddisfi i criteri che ci siamo dati. Eppure basterebbe decidersi ad entrare lì dove Cristo raduna la folla e lì, seduti attorno a lui che è al centro, fare la volontà di Dio che ci rende suoi intimi e familiari. È per questo che Gesù è uscito fuori perché ciascuno possa sentirsi di casa attorno a lui.Dio si è svelato e rilevato, si è mostrato donandosi a noi. Il mistero pasquale è il luogo santo in cui Dio si è fatto incontrare. Egli non è un oggetto della mente e del nostro pensiero, del nostro affetto e del nostro bisogno. Dio è rivelazione di amore, abbondanza che non si contiene, forza che non viene meno, dialogo che non si interrompe, vita che non conosce confini.
E allora con il coraggio di vedere ciò che già sappiamo e proviamo a nascondere, lasciamo che la Parola ci dica di Lui e poi dica anche di noi.

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Dio innalza l’albero basso

Ci vorrebbe un po’ di sapienza per cogliere il senso di ciò che viviamo, per vedere in fondo le vicende in cui siamo coinvolti. È a tutti evidente che la fede sia in crisi, che il cristianesimo, dalle nostre parti, non sia più una forza. Il Vangelo ci appare dimesso, quasi nascosto tra tanti eventi, la Parola è taciuta o sussurrata tra altre parole. E anche noi, convinti credenti, facciamo fatica a fare la differenza. Proviamo fastidio a sapere che abbiamo perso visibilità, che veniamo ignorati e messi da parte. Vorremmo un po’ di visibilità e attenzione. E, allora, ci diamo umanamente da fare. Pensiamo a nuove strategie, correzioni, riforme e tentiamo di inseguire mode e successi perché mal sopportiamo che altre idee e parole siano più alte e più forti di quelle che noi proponiamo. E ci dimentichiamo, invece, cose che dovremmo sapere. 
La scelta è quella antica e sempre nostra: stare dentro o restare fuori non è indifferente. Confondere ciò che viene da Dio con ciò che viene dal male è il rischio a cui siamo esposti perché, al di là di tutto, resta sempre suadente la voglia di costruirci un Dio a nostra misura, che rispetti le regole che gli abbiamo imposto, che soddisfi i criteri che ci siamo dati. Eppure basterebbe decidersi ad entrare lì dove Cristo raduna la folla e lì, seduti attorno a lui che è al centro, fare la volontà di Dio che ci rende suoi intimi e familiari. È per questo che Gesù è uscito fuori perché ciascuno possa sentirsi di casa attorno a lui.Dio si è svelato e rilevato, si è mostrato donandosi a noi. Il mistero pasquale è il luogo santo in cui Dio si è fatto incontrare. Egli non è un oggetto della mente e del nostro pensiero, del nostro affetto e del nostro bisogno. Dio è rivelazione di amore, abbondanza che non si contiene, forza che non viene meno, dialogo che non si interrompe, vita che non conosce confini.
E allora con il coraggio di vedere ciò che già sappiamo e proviamo a nascondere, lasciamo che la Parola ci dica di Lui e poi dica anche di noi.

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Diventare famiglia di Dio

Tra le tante possibilità che la vita ci offre, c’è anche quella, drammatica e costante, di confondere le realtà, di illudersi su Dio e su se stessi, di prestare fede a parole infide, di diffidare del bene perché troppo convinti di ciò che sappiamo. 

La scelta è quella antica e sempre nostra: stare dentro o restare fuori non è indifferente. Confondere ciò che viene da Dio con ciò che viene dal male è il rischio a cui siamo esposti perché, al di là di tutto, resta sempre suadente la voglia di costruirci un Dio a nostra misura, che rispetti le regole che gli abbiamo imposto, che soddisfi i criteri che ci siamo dati. Eppure basterebbe decidersi ad entrare lì dove Cristo raduna la folla e lì, seduti attorno a lui che è al centro, fare la volontà di Dio che ci rende suoi intimi e familiari. È per questo che Gesù è uscito fuori perché ciascuno possa sentirsi di casa attorno a lui.Dio si è svelato e rilevato, si è mostrato donandosi a noi. Il mistero pasquale è il luogo santo in cui Dio si è fatto incontrare. Egli non è un oggetto della mente e del nostro pensiero, del nostro affetto e del nostro bisogno. Dio è rivelazione di amore, abbondanza che non si contiene, forza che non viene meno, dialogo che non si interrompe, vita che non conosce confini.
E allora con il coraggio di vedere ciò che già sappiamo e proviamo a nascondere, lasciamo che la Parola ci dica di Lui e poi dica anche di noi.

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Un sacrificio che diventa banchetto

La festa del Corpo e Sangue di Cristo ci presenta il centro della nostra fede, la meta della nostra vita, il fulcro da cui origina e a cui protende la vita cristiana. In realtà, è sempre la Pasqua che celebriamo. L’Eucaristia, infatti, è dono di grazia che discende per noi dalla croce. È offerta e sacrificio che rinnova relazioni perdute, raduna nemici e dispersi, rende fratelli e consanguinei. L’Eucaristia è il banchetto pasquale, sacrificio che rinnova ogni cosa, amore donato che si moltiplica. 
Dio si è svelato e rilevato, si è mostrato donandosi a noi. Il mistero pasquale è il luogo santo in cui Dio si è fatto incontrare. Egli non è un oggetto della mente e del nostro pensiero, del nostro affetto e del nostro bisogno. Dio è rivelazione di amore, abbondanza che non si contiene, forza che non viene meno, dialogo che non si interrompe, vita che non conosce confini.
E allora con il coraggio di vedere ciò che già sappiamo e proviamo a nascondere, lasciamo che la Parola ci dica di Lui e poi dica anche di noi.

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La buona notizia: Dio è Trinità!

Dio è Trinità, un solo Dio in tre persone, uguali e distinte. Sembra che la ragione si inceppi e anche le parole vengano meno. Eppure, se solo lasciassimo da parte ogni nostra teoria e pensiero su Dio, forse, potremmo davvero conoscere lui, conoscerlo come si conosce l’amore. 

Dio si è svelato e rilevato, si è mostrato donandosi a noi. Il mistero pasquale è il luogo santo in cui Dio si è fatto incontrare. Egli non è un oggetto della mente e del nostro pensiero, del nostro affetto e del nostro bisogno. Dio è rivelazione di amore, abbondanza che non si contiene, forza che non viene meno, dialogo che non si interrompe, vita che non conosce confini.
E allora con il coraggio di vedere ciò che già sappiamo e proviamo a nascondere, lasciamo che la Parola ci dica di Lui e poi dica anche di noi.

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Il tempo di una nuova presenza

La festa dell’Ascensione del Signore al cielo è una festa strana e diversa: non c’è nulla che si possa guardare. Il Risorto è sottratto alla vista. Non è allora festa di qualcosa che può essere visto, ma di qualcosa che deve essere fatto. È festa che mette in moto la vita e ridesta dai nostri torpori. E allora dobbiamo lasciarcelo ridire senza preamboli: abbiamo bisogno di un pastore, ci serve una guida che sappia orientare i nostri passi, che sappia condurci e tenerci vicini, che sappia difenderci e proteggerci da tutto, persino dalla stessa vita.

E allora con il coraggio di vedere ciò che già sappiamo e proviamo a nascondere, lasciamo che la Parola ci dica di Lui e poi dica anche di noi.

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Perché la Chiesa sia in pace

La Pasqua ci fa conoscere il mistero che ci unisce a Cristo e ai fratelli. Siamo tralci di un’unica vite. Credere nel Risorto, allora, è restare uniti a lui e, insieme ai fratelli, portare frutti di vita nuova e abbondante. Senza di lui non possiamo far nulla. Il Padre, l’agricoltore, vuole che la nostra vita, unita a quella di Cristo e, attraverso di lui, a quella di tutti i fratelli, diventi dono che non si misura, abbondanza che non viene meno, bellezza che non si consuma.
E allora dobbiamo lasciarcelo ridire senza preamboli: abbiamo bisogno di un pastore, ci serve una guida che sappia orientare i nostri passi, che sappia condurci e tenerci vicini, che sappia difenderci e proteggerci da tutto, persino dalla stessa vita.

E allora con il coraggio di vedere ciò che già sappiamo e proviamo a nascondere, lasciamo che la Parola ci dica di Lui e poi dica anche di noi.

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In cerca di un pastore

Ci vuole coraggio e una dose d’incoscienza per ascoltare ancora la storia del pastore e delle pecore, del gregge e dei recinti. È un bagno di umiltà la Parola. Ci immerge nella verità di ciò che siamo e viviamo. Ci fa guardare dentro, ci priva dei mondi e dei concetti che abbiamo costruito e ci fa vedere, nuda come è sempre, la carne vera della nostra umanità. 

E allora dobbiamo lasciarcelo ridire senza preamboli: abbiamo bisogno di un pastore, ci serve una guida che sappia orientare i nostri passi, che sappia condurci e tenerci vicini, che sappia difenderci e proteggerci da tutto, persino dalla stessa vita.

E allora con il coraggio di vedere ciò che già sappiamo e proviamo a nascondere, lasciamo che la Parola ci dica di Lui e poi dica anche di noi.

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Per non credere ad un fantasma

La storia di Pasqua è storia vera, intrisa di sangue, di corpo e di vita. Credere alla Pasqua è scorgere, in ogni piega, i segni di un Dio che ha scelto di stare dalla parte degli uomini. C’è sempre il rischio di credere al Risorto come fosse un fantasma, qualcosa di vago e di evanescente, di sfuggente e senza storia. Credere, invece, è vivere per intero il mistero in cui Dio rivela se stesso. Di questa, che è storia d’amore e di passione, siamo testimoni ogni volta che la rendiamo viva nella nostra carne e crediamo, con le nostre scelte, che il Santo e il Giusto vince su tutto il male del mondo e apre ad ognuno la via del perdono.

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